Contributo di MM. Fardo, Utilizzo dei droni nel contrasto al Covid-19. Il complesso bilanciamento tra la salute pubblica e la riservatezza personale, in Giurisprudenza Penale Web, 2020, 3.
Sommario. 1. Il contesto di emergenza. – 2. La nota dell’Enac sull’utilizzo dei droni in deroga. – 3. Il bilanciamento tra il bene giuridico salute e il diritto alla riservatezza. – 4. Riflessioni processuali-penalistiche. 1. Il contesto di emergenza. “L’emergenza è un presupposto legale che può legittimare restrizioni alle libertà a patto che queste restrizioni siano proporzionate e limitate al periodo di emergenza” ha affermato l’Edpb (European Data Protection Board) nella propria “dichiarazione sul trattamento dei dati personali nel contesto dell’Epidemia Codiv-19” del 20 marzo scorso (1). Proporzionalità e minimizzazione, dunque, sono i principi che devono ispirare le Autorità Nazionali nel complesso contemperamento tra la salute pubblica e le altre libertà fondamentali e che in uno Stato democratico fungono da parametro di costituzionalità delle misure di monitoraggio sistematico della popolazione. A seguito delle necessarie e progressive restrizioni alla libertà di assembramento di cui all’art. 17 Cost. e alla libertà di circolazione e soggiorno di cui all’art. 16 Cost., in questi giorni la pubblica funzione ha iniziato a perseguire l’obiettivo ineccepibile del contenimento dell’epidemia “Coronavirus” con provvedimenti limitativi anche del diritto alla riservatezza e alla protezione dei dati personali, espressione del generale diritto alla libertà personale (2) . In questo contesto si iscrive il provvedimento (3) del 23 marzo 2020 con cui l’ENAC (Ente Nazionale per l’Aviazione Civile), “nell’ottica di garantire il contenimento dell'emergenza epidemiologica 'coronavirus’” autorizza in via generalizzata le forze dell’ordine all’utilizzo dei droni per "le operazioni di monitoraggio degli spostamenti dei cittadini sul territorio comunale” e, dunque, controllare il rispetto delle restrizioni previste dai Decreti del Presidente del Consiglio dei Ministri dell’8 e 9 marzo 2020. 2. La nota dell’Enac sull’utilizzo dei droni in deroga. Si tratta, nello specifico, di una nota – rivolta ai Ministri competenti (Ministero dell’Interno, delle Infrastrutture e Trasporti, Dipartimento dell’Amministrazione Penitenziaria del Ministero della Giustizia) e agli altri Enti interessati, tra i quali il Dipartimento della Protezione Civile e i Comandi di Polizia – che si sostanzia in una deroga ad alcune disposizioni del Regolamento ENAC sull’impiego dei “Mezzi Aerei a Pilotaggio Remoto”, Edizione 3 del 11 novembre 2019, finalizzate a garantire adeguati livelli di sicurezza per le diverse tipologie di operazioni che possono essere condotte con l’utilizzo di SAPR (Sistemi Aeromobili a Pilotaggio Remoto). Nello specifico, i Comandi di Polizia locale possono oggi controllare il rispetto delle restrizioni agli spostamenti dei cittadini con droni nella loro disponibilità anche non registrati sul portale D-Flight e privi del codice identificativo. Gli stessi possono, altresì, effettuare operazioni critiche(4) in Visual Line of Sight (5) “anche su aree urbane dove vi è scarsa popolazione esposta al rischio di impatto”, senza che sia necessario il rilascio di specifica autorizzazione dall’Ente regolatore anche quando non vi sia rispondenza delle operazioni agli scenari standard pubblicati. Da ultimo, sia agli Enti di Stato indicati nell’art. 744 del Codice della Navigazione(6) sia alle Polizie Locali dei Comuni italiani è consentito utilizzare droni con finalità di contrasto all’epidemia Covid-19 nelle “aree prospicienti di tutti gli aeroporti civili e identificate come ‘aree rosse’”, con la sola necessità di una previa comunicazione di coordinamento alla Torre di controllo del traffico dell’aeroporto limitrofo alla zona interessata dall’impiego del drone. Bene sottolineare che, stando al tenore letterale della nota e alla successiva specifica pubblicata sul sito dell’ENAC, la deroga alle ordinarie previsioni regolamentari è valida fino al 3 aprile 2020 ed esclusivamente per gli Enti indicati all’art. 744 del Codice della Navigazione e per le Forze di Polizia (nazionali e locali) per lo svolgimento delle operazioni di monitoraggio degli spostamenti finalizzate alla prevenzione del contagio e al contenimento dell'emergenza epidemiologica “coronavirus”. D’altra parte, non è dato oggi sapere con completezza quanti e quali Enti pubblici – giovandosi dell’autorizzazione dell’ENAC – decideranno di attivare i controlli mediante i SAPR, quali zone saranno monitorate, quanti droni verranno in concreto impiegati, né le modalità di acquisizione e utilizzazione dei dati acquisiti. Certo è che, attraverso l’installazione di videocamere sui sistemi aeromobili, le forze dell’ordine potranno acquisire una grande mole di immagini di persone e targhe di auto, individuare la localizzazione spaziale dei cittadini, tracciare i relativi percorsi: potranno, in definitiva, attuare un monitoraggio sistematico della popolazione per, da un lato, effettuare il contact tracing e, dall’altro, accertare le violazioni delle disposizioni dei decreti emergenziali. 3. Il bilanciamento tra il bene giuridico salute e il diritto alla riservatezza. Si pone, dunque, un problema di bilanciamento tra l’obiettivo perseguito dal provvedimento dell’ENAC (la prevenzione del contagio da Covid-19 e, dunque, la salute pubblica) e la tutela del diritto alla riservatezza che il medesimo provvedimento inevitabilmente menoma. In questo bilanciamento, è indiscutibile il carattere prioritario del bene giuridico salute, tutelato dall’art. 32 della Carta costituzionale sia nella dimensione individuale di diritto fondamentale di ogni persona, quanto nella dimensione collettiva di interesse pubblico. Nondimeno, non si può sconfessare la progressiva presa di coscienza dell’importanza del diritto alla riservatezza, a cui anche è stato riconosciuto un fondamento costituzionale come espressione della libertà personale e della matrice democratica dello Stato, in quanto limite al potere autoritativo del Governo(7). Il “legittimo interesse” alla riservatezza è, inoltre, espressamente previsto dall’art. 42 della Carta dei diritti fondamentali dell’Unione Europea come componente del più generale “diritto ad una buona amministrazione” e trova attuazione nella disciplina sulla protezione dei dati personali riformata con il Regolamento UE n. 2016/679. Pertanto, il perseguimento – doveroso – dell’obiettivo di contenere la diffusione dell’epidemia coronavirus, se certamente giustifica l’adozione di misure limitative delle prerogative individuali, non può risolversi in un’incontrollata ed esorbitante compromissione degli altri diritti fondamentali, tra cui quello alla riservatezza, che costituiscono altrettante pietre miliari dello Stato di Diritto. Queste considerazioni trovano conferma nella dichiarazione dell’European Data Protection Board menzionata in apertura, con cui il Comitato riconosce che “le regole sulla protezione dei dati (come il GDPR) non sono di ostacolo alle misure prese nella lotta all’epidemia coronavirus”, flagello per molte parti del Mondo, ma ribadisce che anche in questi momenti eccezionali, le Autorità che acquisiscono, controllano e trattano i dati sono tenute a garantire la protezione degli stessi. Nello specifico, il Comitato ritiene che i controlli autoritativi che limitano la riservatezza dei cittadini siano consentiti in forza della base giuridica della tutela di “interessi vitali dell’interessato o di un’altra persona fisica” prevista dall’art. 6, §1, lett. d) Regolamento UE n. 2016/679 “quando questo ricada sotto un mandato legale della pubblica autorità previsto dalla legislazione nazionale e alle condizioni sancite dal gdpr”, a patto che le “restrizioni siano proporzionate e limitate al periodo di emergenza”. Ora, il provvedimento ENAC riguarda una misura limitativa della riservatezza che comporta un trattamento di dati personali (acquisizione di immagini di persone e cose riconducili alle persone, nonché registrazione di dati di localizzazione degli individui), limitando temporalmente al 3 aprile 2020 la validità dell’autorizzazione all’uso in deroga dei droni per il monitoraggio degli spostamenti degli individui. Il suo presupposto normativo è identificabile nel decreto legge del 25 marzo 2020, n. 19 che succede ed abroga il decreto-legge 23 febbraio 2020, n. 6, convertito, con modificazioni, dalla legge 5 marzo 2020, n. 13. Entrambi, infatti, fanno salve le misure adottate con i decreti del Presidente della Repubblica dell’8 e 9 marzo, richiamati dalla nota dell’Autorità amministrativa. Ciò che risulta carente, rispetto ai presupposti indicati dall’Edpb, è la specificazione legislativa degli elementi elencati dall’art. 23, § 2 Regolamento UE n. 2016/679, anche a giustificazione della proporzionalità della misura adottata. Dovrebbero essere esplicitate, nell’atto avente forza di legge, le finalità del trattamento limitativo della riservatezza dei cittadini, con la specificazione se le immagini e i dati di posizionamento registrati verranno impiegati per l’individuazione della catena del contagio, la perimetrazione delle “zone rosse” e anche l’accertamento e punizione delle violazioni nei procedimenti amministrativi e penali. Lo stesso dovrebbe, poi, contenere una chiara informazione circa le garanzie (anche giurisdizionali) previste e adottate per prevenire abusi nell’impiego degli strumenti di controllo per finalità diverse da quelle consentite ovvero l’accesso e il trasferimento illeciti dei dati acquisiti. Ancora, il decreto dovrebbe fornire indicazioni sul periodo di conservazione delle immagini e dei dati, operando dunque una distinzione a seconda che i predetti vengano o meno a costituire la prova di una violazione. In definitiva, per scongiurare ogni rischio che la disciplina emergenziale sull’utilizzo dei droni non superi il vaglio di compatibilità con gli standard europei, sarebbe necessario un ulteriore sforzo legislativo di valutazione e regolamentazione di tutti gli effetti collaterali che derivano da un’acquisizione massiccia di dati relativi alla vita personale dei cittadini. |
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