Rilevanza penale della fotocopia contraffatta di atto pubblico inesistente
Con sentenza n. 35814/2019, pronunciata il 28.03.2019 e depositata il 07.08.2019, le Sezioni Unite della Suprema Corte sono intervenute in materia di delitti contro la fede pubblica, affrontando il problema dell’eventuale rilevanza penale della condotta di chi formi una falsa fotocopia di un atto pubblico in realtà inesistente. La questione era stata rimessa alle Sezioni Unite da parte della Quinta Sezione penale della Corte di Cassazione, originariamente investita dei ricorsi proposti dal Procuratore generale presso la Corte di appello di Cagliari e dal difensore della costituita parte civile avverso la sentenza con cui la Corte d’appello del capoluogo sardo – riformando integralmente la pronuncia di condanna emessa dal Giudice di prime cure – aveva ritenuto che non costituisse reato la formazione di una falsa fotocopia di un’autorizzazione edilizia in realtà neppure mai rilasciata, esibita dall’imputato alla propria controparte nell’ambito di una trattativa negoziale. Con ordinanza di rimessione datata 21.11.2018, la Quinta Sezione penale della Corte di Cassazione aveva evidenziato un contrasto giurisprudenziale tra due opposti orientamenti: il primo contrario alla punibilità a titolo di falsità materiale della mera predisposizione e del successivo utilizzo di una falsa fotocopia di un atto inesistente, in mancanza di ulteriori requisiti di forma e di sostanza in grado di concretizzare l’offesa al bene giuridico tutelato facendo apparire il documento contraffatto come il documento originale o come una copia autentica di esso; il secondo invece favorevole a ritenere integrato il reato di falso anche a fronte della semplice presentazione di una riproduzione fotostatica di un documento in realtà inesistente, ma di cui verrebbero simulati l’esistenza e gli effetti probatori. Nel ricostruire il quadro giurisprudenziale di riferimento, le Sezioni Unite osservano come, secondo il primo indirizzo interpretativo sopra menzionato, la rilevanza penale dell’utilizzo di una fotocopia contraffatta non possa prescindere dalla presenza al suo interno “di attestazioni formali che la facciano figurare come estratta da un documento originale, riconducendola di fatto alla categoria delle copie autentiche […], laddove la mancanza di attestazioni confermative dell’autenticità della copia è ritenuta tale da escludere di per sé la ravvisabilità del reato“. Considerato che oggetto di tutela da parte delle norme sul falso materiale è l’autenticità degli atti in relazione al loro contenuto e/o alla loro provenienza (Cass. Pen., sez. V, n. 11185/1998 del 05.05.1998; Cass. Pen., sez. V, n. 4406/1999 del 04.03.1999) e che una mera fotocopia è di per sé priva di valenza probatoria (Cass. Pen., sez. V, n. 3273/2018 del 26.10.2018, dep. 2019), per i sostenitori della tesi in esame “ne discende che la formazione ad opera del privato di una falsa fotocopia di un documento originale inesistente, presentata come tale e priva di qualsiasi attestazione che confermi la sua originalità o la sua estrazione da un originale esistente, non integra alcuna ipotesi di falso documentale, anche nell’eventualità in cui la stessa abbia, in astratto e per la sua verosimiglianza, attitudine a trarre in inganno i terzi, potendo il suo uso essere, in tal caso, sanzionato eventualmente a titolo di truffa” [1]. L’opposto e più severo orientamento giurisprudenziale fonda invece la rilevanza penale di condotte come quella descritta sulla duplice considerazione per cui, da un lato, “l’esibizione di una fotocopia recante il contenuto apparente di un atto pubblico implica la falsa formazione di tale atto al fine di trarne la copia” e, dall’altro, la lesione della pubblica fede non richiederebbe necessariamente un intervento materiale su un atto pubblico, “essendo invece sufficiente […] che con la falsa rappresentazione offerta dalla fotocopia l’atto appaia, contrariamente al vero, esistente“. A fronte dell’idoneità della copia falsificata ad essere percepita come documento originale e realistico, pregiudicando così l’interesse alla pubblica affidabilità degli atti provenienti dalla pubblica amministrazione, l’indirizzo in commento nega qualsiasi rilievo alla mancanza di dichiarazione di autenticità della fotocopia [2]. Entrambi i descritti orientamenti concordano tuttavia su un punto: si configura il reato di falsità materiale allorché la falsa fotocopia, ancorché priva di attestazione di conformità all’originale, sia presentata “con l’apparenza di un documento originale, atto a trarre in inganno i terzi di buona fede” (Cass. Civ., sez. V, n. 8870/2014 del 09.10.2014, dep. 2015). |
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Giugno 2024
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